La leggenda di Donna Canfora
I Saraceni che compivano razzie lungo la costa di Tropea e Capo Vaticano ,un giorno si presentarono sotto le mentite spoglie di mercanti orientali ,venditori di spezie e sete colorate ,sul litorale di Torre Ruffa ,tentando di rapire la leggendaria Donna Canfora
Era Donna Canfora ,una gentildonna ricchissima e bellissima ,conoscitrice di antiche ricette e squisiti intingoli ,che preparava lei di persona utilizzando i prodotti locali a base di Cipolla Rossa che cresceva dolce e squisita nel suo comprensorio .
Rimasta vedova ancor giovane ,volle consacrare la sua vita all’infelice consorte ,e passava il tempo lavorando all’arcolaio e preparando delle meravigliose ricette che tutte le donne le invidiavano.
Quel giorno che arrivarono i falsi mercanti ,Donna canfora aveva appena finito di copiare alcune delle sue ricette ,ed arrivata la cameriera ,le raccontò che tutte le donne del paese erano corse in spiaggia dai venditori di spezie e sete. Donna Canfora convinta della cameriera, si apprestò anch’essa ad andarci sperando di trovare delle buone spezie co cui inventare altre ricette ,e fece costudire alla cameriera le ultime ricette preparate .
Giunta colà il capitano la fece salire a bordo e con un cenno fece issare l’ancora e spingere le vele ,e la nave inizio ad allontanarsi dalla spiaggia sotto le grida disperate di altre donne ,lei capi le intenzioni di Saraceni ,e chiedendo di dare l’ultimo saluto alla sua terra ed alla sua gente, andò diritta sulla poppa e sollevando gli occhi al cielo si lanciò in mare gridando:
“Impara ,o Tiranno, che donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”
Le vesti appesantite dall’acqua, non le diedero la possibilità di guardare la riva ,e cosi scomparve fra le onde, la sua cameriera in suo onore diede le sue ricette di Donna Canfora ,alle donne del paese cosicché il suo ricordo restava indelebile ,e da una vecchia ricetta di cipolla marinata attribuita proprio a Donna Canfora ,rendiamo anche noi il nostro tributo
Tratto e adattato da “Capo Vaticano” di Agostino Pantano edizione 1970